2024
Come argilla, la nostra personalità si plasma sotto la pressione delle dita dei social che comprimono l’autostima in logaritmi di preferenze e like.
Tutto questo non è una esplicita condanna verso i social, di cui onestamente mi servo per comunicare con il resto del mondo… anche semplicemente divulgando questo pensiero. Nell’epoca in cui la cosa più veloce per comunicare erano i piccioni viaggiatori, esistevano “Like” o “ Non Like” sociali che pesavano abbondantemente sulla possibilità di esprimere liberamente la nostra reale personalità. E senza volere essere femminista, alle donne questo peso era ed è ancora (a seconda della latitudine e longitudine da cui stiamo parlando) maggiormente gravoso. Oggi è tutto semplicemente più veloce e fruibile, sia il piacere che il condannare. Il giudizio ed il pregiudizio fanno parte dell’essere umano, come la ricerca intrinseca della felicità.
Ma cos’è la felicità? Felicità e benessere sono la stessa cosa?
Apparentemente sembrano avere lo stesso significato e molto spesso li utilizziamo uno come sinonimo dell’altro, ma forse proprio simili non lo sono. Etimologicamente parlando Il termine “felicità” deriva dal latino felicitas che significa abbondanza, ricchezza, prosperità. Il termine “benessere” è composto da ben essere che si può tradurre in “stare bene” o “vivere bene”. La felicità è un processo che appartiene alla gioia, ad una esperienza che stiamo vivendo, ad una ricchezza momentanea.
Il benessere è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere umano, non riguarda semplicemente una estemporanea esperienza appagante, ma la conoscenza di sé in un arco temporale più esteso che include una complessità emozionale più ampia. Chiari scuri emozionali come ansie, paure, malinconie possono far parte del benessere, insieme a gioia e felicità. Ogni emozione è indispensabile per creare il nostro vero sé.
La felicità non può essere racchiusa in un lampo di luce contingente e sporadico. Nell’opera d’arte della vita, le ombre si alternano alla luce sulla tela del tempo. I like ed i giudizi possono influenzare la nostra felicità, ma non permettiamogli di dipingere totalmente il nostro benessere.
Il Benessere è il frutto di ciò che siamo, di ciò che amiamo e ciò che facciamo. Esiste un termine giapponese che esprime questo concetto: Ikigai (“Iki” vuol dire esistenza, vita e “gai” scopo). Una parola carica di senso profondo ed emozionale che manifesta la “ragion d’essere”, ovvero ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Nel sentiero che conduce al personale Ikigai, spesso non facciamo scelte popolari e non abbiamo followers, a volte scivoliamo su patine ghiacciate di pregiudizi, oppure ci spostiamo sorvolando sui nostri bisogni e rimaniamo impigliati nella rete di dati che tracciano per noi mete , ma quando ci guardiamo dentro, ci accorgiamo che il benessere ha un’altra direzione e che ogni singola parte di noi nella sua complessità è indispensabile.
Ed è allora che riusciamo a distinguere ciò che ci nutre veramente da ciò che ci appesantisce, la singola nota della felicità dalla polifonia delle emozioni, un “like” da un “mi piaccio”. Non “chiedermi se sono felice”, ma chiedimi se riconosco il mio benessere.
Il benessere non è smart, ma una lunga scelta coraggiosa senza like.