2024
Ogni giorno ascoltiamo, leggiamo, pronunciamo innumerevoli parole, non pensando al potere illimitato che hanno nella nostra vita ed in quella degli altri. Un suono che si propaga dentro e fuori di noi, una vibrazione semantica che raggiunge le nostre cellule con un messaggio subliminale in grado di modificarle. Abracadabra la ricordiamo come una parola irreale e simpatica e a volte anche un po’ ridicola, che veniva spesso citata in alcuni grossolani spettacoli di magia per famiglie.
Una parola magica e sconosciuta che in realtà ha un’interessante valenza etimologica.
Ormai chi legge i miei articoli o ascolta i miei interventi, sa che mi piace ricercare il significato etimologico dei termini. In esso ritrovo sempre un potere simbolico e un linguaggio archetipo che inconsciamente ci comunica qualcosa al di là della superficialità sulla quale galleggia l’apparenza di termini di uso comune. Di Abracadabra vi sono molti riferimenti etimologici che spaziano dall’antico Egitto ai Celti attraversando l’Impero Romano. Quelli più citati sono: l’aramaico (Avrah kaDabra), che significa “io creo mentre parlo”, l’ebraico (Ha-berakih daberih) che vorrebbe dire “questo avviene mentre viene detto”. Una parola magica che aveva il potere di trasmutare alchemicamente il fato e la materia. Utilizzata da Quinto Sereno Sammonico, medico romano del III secolo d.C., in alcuni passaggi del suo Liber Medicinalis, nel quale forniva ricette per la guarigione e citava anche l’esistenza di un amuleto triangolare dal vertice capovolto, che riportava la magica parola in una specifica sequenza, utilizzato come cura per la febbre. Tutto questo contribuì a fare di Abracadabra uno dei vocaboli e dei simboli esoterici più usati a scopo magico-rituale per tutto il Medioevo, fino ad arrivare nella Londra del 1600, dove gli abitanti, dinnanzi alla peste, disperati, appendevano questo talismano fuori dalle proprie porte, sperando che tenesse lontano la cattiva sorte. Immaginazione o illusione, fede o superstizione, questa parola è sopravvissuta all’oblio del tempo mantenendo il suo riconoscimento magico. La questione non è nel credere se esiste la magia, ma nel riconoscere il potere della trasformazione che le parole, nessuna esclusa, hanno nella rappresentazione dei nostri pensieri.
Pensiero, parola, azione sono strettamente connessi.
La fisica quantistica ha dimostrato che i pensieri sono vibrazioni di una determinata frequenza che attirano eventi ed episodi della stessa frequenza. Per le neuroscienze il pensiero è energia che si realizza e crea la nostra realtà.
“Noi siamo ciò che pensiamo. Tutto quello che siamo sorge dai nostri pensieri. I nostri pensieri costruiscono il mondo”, insegnava Buddha.
Il pensiero ha la capacità alchemica di trasmutare la nostra realtà. Il pensiero viene espresso attraverso le parole che diventano “magiche” per la potenza evocativa che hanno nell’influenzare la parte più intima ed inconscia di noi stessi e degli altri.
Una parola è delicata e avvolgente come un abbraccio e una carezza, o dura e tagliente come un sasso e una lama.
La parola diventa azione e reazione emotiva, chimica e fisica che vive nel presente, sopravvive nel passato e diventa premessa per costruire il futuro.
E questa è magia! Abracadabra… il pensiero prende forma e sostanza nelle parole che modificano non solo simbolicamente il nostro destino attraverso il riconoscimento ed il valore che diamo a noi stessi e alla nostra vita.
Abracadabra “io creo mentre parlo”… “questo avviene mentre viene detto”.